Una cosa, più di ogni altra, mi ha colpito maggiormente leggendo l’ultima fatica letteraria di Andrea Camilleri. Esattamente siamo a pagina venti de "La rete di protezione", ed è un pensiero che il nostro amato Commissario Montalbano fa tra sé e sé nell’accostare il suo amato mare siculo con il Mar Baltico: "Ci nn’erano trigli nel Mar Baltico? Ci nn’erano purpiteddri, come quelli che gli faciva mangiare Enzo, nel Mar Baltico? E se c’erano che sapori avivano?"
Ciò è un pensiero che racchiude in sé una grande e non sempre felice realtà, che va ben oltre le pagine di un romanzo, trasferendosi in un attimo in quella che da sempre è una caratteristica che appartiene e accomuna noi siciliani: la sfrontataggine e la consapevolezza nel credere che ogni cosa che a noi appartiene e che gelosamente possediamo, sia in qualche modo unica; ma nello stesso tempo è quella stessa cosa che ci rende schiavi di un territorio: il nostro. È un po’ la storia di Montalbano penserete, certo, ed è quello che magistralmente Andrea Camilleri ci racconta fin dal suo primo romanzo con protagonista appunto il Commissario. Quello che ci vuol far capire da oramai troppi anni invece, e che purtroppo non siamo stati ancora in grado di percepire, è che rendere unica la nostra terra non significa chiuderci in essa nelle sue gioie e nei suoi dolori, ma ampliarla portando e trasferendo il meglio che ognuno di noi raccoglie fuori da essa. Solamente quando avremo capito e fatto questo, potremo affermare di vivere in una terra speciale, e perché no...renderla definitivamente perfetta e magari finalmente unica.